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LA PUTTA ONORATA 435

Ottavio. Non dico per questo; ma anzi, amando io la vostra persona, bramerei di sapere se siete innamorato con idea di ammogliarvi e stabilirvi in casa mia colla moglie ancora.

Pasqualino. (Oh magari!) (da sè) Per dirgliela, lustrissimo, ho fato l’amor a una puta e ghe vogio ben, e se podesse, la tioria volentiera.

Ottavio. È giovine da bene e onorata?

Pasqualino. Come l’oro.

Ottavio. Non occorr’altro. Sposatela e assicuratevi della mia protezione.

Pasqualino. Oh sielo benedeto! Vedo veramente che la me vol ben.

Ottavio. Ha dote questa ragazza?

Pasqualino. Un vecchio gh’ha promesso dusento ducati.

Ottavio. Non è bene che cotesto vecchio le dia la dote. I dugento ducati glieli darò io.

Pasqualino. Oimè! Sento che l’alegrezza me sera el cuor.

Ottavio. In casa mia vi sarà destinata la vostra camera. Vostra moglie terrà le chiavi di tutto, e voi, se averete giudizio, sarete più padrone che servitore.

Pasqualino. Mi resto incantà.

Ottavio. Addio, Pasqualino, portatevi bene. Andate a ritrovare la vostra sposa e sollecitate le vostre nozze. I giovani stanno meglio colla moglie al fianco. Badano più al loro dovere. (O per una via, o per l’altra, Bettina verrà senz’altro nelle mie mani). (da sè)

Pasqualino. Lustrissimo, no so cossa dir. Vedo che la me vol un gran ben.

Ottavio. Oh, se sapeste quanto bene vi voglio! Basta, un giorno lo saprete. (parte)

SCENA XVIII.

Pasqualino, poi Menego.

Pasqualino. Cossa mai porlo far de più? Darme do cariche in t’una volta, tiorme in casa, maridarme, darme la dota! Porlo far de più? De ste fortune se ghe ne trova poche.