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LA PUTTA ONORATA 431


tale, gh’ho pagato il caffè; sono stato in conversazione; gh’ho toccato la mano. Eh, poveri sporchi! Betina no se mena per lengua.

Ottavio. Ma io non sono di quelli.

Bettina. O de quei, o de quei altri, batevela, che fare megio.

Ottavio. Bevete il caffè.

Bettina. No vogio.

Ottavio. Non mi fate andare in collera.

Bettina. Varè1 che casi!

Ottavio. Quest’è un affronto.

Bettina. No so cossa farghe.

Ottavio. Me la pagherete.

SCENA XV.

Arlecchino e detti.

Arlecchino. Coss’è sto strepito? Coss’è sto negozio? (osserva il caffè e i biscottini)

Ottavio. Chi siete voi?

Arlecchino. Son el patron de sta casa.

Ottavio. Il marito forse della signora Catte?

Arlecchino. Per servirla.

Ottavio. Oh caro galantuomo! Lasciate che io teneramente vi abbracci. Siete arrivato in tempo da farmi ragione. Vostra cognata con poca civiltà ricusa di bevere un caffè, ch’io mi son preso la libertà di far portare in vostra casa.

Arlecchino. Nostra cugnada ricusa de bever el caffè? Via, senza creanza, bevì2 quel caffè. (a Bettina)

Bettina. Uh, puoco de bon! Me maravegio dei fati vostri. No vôi bever gnente.

Arlecchino. Orsù, sta differenza l’aggiustare mi. Èla contenta? Se remettela in mi? (ad Ottavio)

  1. Guardate.
  2. Così nelle edd. Savioli e Zatta; Bettin., Paper, ecc. hanno per isbaglio: bevi.