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38 | ATTO PRIMO |
Ottavio. Torcello è una città antichissima, poche miglia distante da Venezia: distrutta quasi del tutto dalle guerre dei barbari, ma che conserva ancora alcuno de’ primi suoi privilegi, e specialmente un’immagine dell’antica sua nobiltà.
Florindo. Quanto costa il farsi nobile di quel paese?
Tonino. Diese ducati.
Florindo. (Costa più un asino). (da sé)
Ottavio. La maggior nobiltà del signor Tonino consiste in un’entrata ch’egli avrà di sette o otto mila ducati l’anno.
Tonino. E gh’ho un orto alla Zuecca, che gh’ha de tutto: peri, pomi, fighi, uva marzemina, e fina delle zizole1 e dei lazarioli2.
Fabrizio. (Per ragione delle sue facoltà, non sarebbe cattivo partito per mia nipote, ma alle mani di questo suo condottiere, non è da compromettersi). (da sé)
Tonino. E cussì, tornando al nostro proposito...
Ottavio. Signori, è tempo che vi leviamo l’incomodo. (si alza)
Tonino. Volè andar via cussì presto? (ad Ottavio)
Ottavio. Non dobbiamo essere più importuni.
Tonino. Dasseno che gh’aveva chiapà gusto a star qua.
Fabrizio. Perchè, signore?
Tonino. Perchè co vedo una bella putta, m’incanto; mo in verità, siora... no m’arecordo più el so nome.
Rosaura. Rosaura.
Tonino. Sì, siora Rosaura, dasseno, più che la vardo, più la vardarave. La someggia tutta tutta a una bella putta che ho visto a Venezia, fia de un zaffo da barca.
Rosaura. Un bell’onor che mi fate; paragonarmi alla figliuola di un birro. (parte)
Tonino. Patrona.... (salutandola)
Florindo. In Roma non vi è bisogno di simili malagrazie3. (a Tonino, e parte)
Tonino. Sior marzocco4 caro.
Ottavio. Compatite, signore, le sue stravaganze; non ha avuto edu-