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nosco me stesso, e so di meritar molto meno, e assaissimo mi compiaccio di quel cortese compatimento, che dall’Universale esigono le mie fatiche, e molto più di consolazione mi empie e di giubilo, quello che degnossi di accordarmi l’E. V., Cavaliere di tanta scienza ripieno, e di sì fino discernimento, i di cui giudizi possono assicurar chi che sia nel dubbio e incerto cammino della Virtù e del Merito.

Fu nel mese di Giugno dell’anno scorso1, ch’io ebbi la prima volta l’invidiabil contento di baciarvi la mano, e di vedere cogli occhi miei nel vostro Venerabile aspetto i raggi luminosi di quella grand’Anima, che ripiena di tutte le morali Virtù rende Voi la delizia della vostra gran Patria, l’esempio dell’Uomo nobile e del Cavaliere Cristiano.

Oh qual giornata per me felice fu quella! Non so ricordarmene senza novello giubilo, facendo in me una tal rimembranza l’effetto che suol produrre nei ciechi l’immagine delle più belle e più rare cose vedute.

In fatti, se io sapessi descrivere le delizie della vostra Villa di Castellazzo (ove in quel felice giorno vi trovai) cose avrei a scrivere degne di maraviglia, ne poche pagine basterebbono a dare altrui un’idea vera di tutte quelle magnifiche cose, che formano un soggiorno degno di Voi.

La vastità del Palazzo, la ricchezza delle suppellettili, la estensione del gran Giardino, in cui si vedono variamente architettati e distinti i più bei verdi d’Italia; la quantità delle fontane e de’ giochi d’acqua, tuttochè procurata dall’arte ed estratta di sotterra a forza di macchine, e mantenuta con una eccedente spesa; il Parco de’ cervi; il Serraglio delle fiere, il grato e scelto Pomario; la Biblioteca, ricca di scelti e copiosi Libri; la Camera delle Mateniche, in cui si vedono tutte le più scelte Macchine, che servono allo studio ed alle esperienze della Meccanica Filosofia; una Statuaria di antichi celebrati marmi, fra’ quali ammirasi la magnifica statua collossale di Pompeo, la quale dal Cam-

  1. Cioè del 1750.