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32 | ATTO PRIMO |
in bassa fortuna, ma de una casa che xe più antiga del ponte de Rialto1.
Brighella. Vussustrissima sarà ricco, m’imagino.
Tonino. Se son ricco? Domandeghe a sior Ottavio. Son fio solo e gh’averò d’intrada... no so gnente, domandeghelo a sior Ottavio; el lo sa elo meggio de mi.
Brighella. Se la vol maridarse, vederemo de trovar qualche bon partido.
Tonino. Via, me raccomando a vu, che saverò le mie obligazion.
Brighella. Certo che qualcossa bisognerà spender; bisognerà regalar qualchedun; per mi niente, ma se l’avesse intanto un per2 de zecchini per metter in bona speranza uno de questi, che ha pratica del paese, se poderia prencipiar a far delle diligenze.
Tonino. Volentiera, se no basta do zecchini, anca quattro, anca sie, ma bisogna domandargheli a sior Ottavio.
Brighella. A sior Ottavio? Vussustrissima no gh’ha soldi in scarsela?
Tonino. Mi no gh’ho gnanca un bezzo. Tutti i mi bezzi li tien sior Ottavio.
Brighella. (Cattivo negozio co s’ha da dipender da sior Ottavio). (da sé) Se la se vol cavar i stivali, andemo in camera; vedo che i servitori i ha fenio de giustar.
Tonino. Andemo. (si alza da sedere) Deme man, che no posso camminar.
Brighella. La se comoda. (gli dà braccio)
Tonino. Oh poveretto mi! no me posso mover. Mai più cavallo, mai più stivali. (parte con Brighella, zoppicando)
SCENA VII.
Ottavio, poi Brighella.
Ottavio. Sono in un imbarazzo grandissimo con questa donna. L’avidità d’aver nelle mani la roba sua e il suo danaro, mi ha fatto fare una risoluzione, di cui ne sono oramai pentito. Se fosse morta mia moglie in Napoli, forse forse la sposerei;