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LA VEDOVA SCALTRA | 367 |
Nobilissima dama, che tale vi dimostra la maniera con cui mi avete parlato, dal rossor del mio volto comprenderete la confusion del mio cuore, e se la vostra bontà mi offerisce l’occasione d’emendarmi...
Rosaura. Troppo presto pretendete d’aver purgata una macchia, che vi rendeva il ridicolo delle Spagne. Si richiedono segni maggiori di pentimento.
Alvaro. Don Alvaro, che non conosce altro sovrano che il Re suo signore, è pronto a sottomettersi all’impero d’una eroina.
Rosaura. Per primo castigo del vostro vile e vergognoso affetto, dovete amarmi senza vedermi ed obbedirmi senza conoscermi.
Alvaro. Ah! questo è troppo...
Rosaura. È poco al vostro delitto. Amar la figlia d’un mercadante!
Alvaro. Avete ragione. Sì, lo farò.
Rosaura. Dovete serbarmi fede coll’incertezza del premio.
Alvaro. Oimè; voi mi fate tremare.
Rosaura. Dovete dipendere da’ miei cenni, senza chiedermi la ragion del comando.
Alvaro. Sì, lo farò. Ah! Che di sentimenti sì gravi e nobili non sono capaci se non le dame spagnuole.
Rosaura. Vi seguirò dappertutto, in modo da non esser conosciuta se non quando vorrò approvare o disapprovare la vostra condotta. Datemi un segno per poter ciò eseguire senza parlarvi.
Alvaro. Tenetevi questa mia tabacchiera. (Le dà quella ch’ebbe da Rosaura)
Rosaura. È forse regalo di qualche bella?
Alvaro. È un cambio di Rosaura; appunto me ne privo, perchè la sprezzo.
Rosaura. Or cominciate a piacermi.
Alvaro. Lode al cielo.
Rosaura. Don Alvaro, ricordatevi del vostro decoro e dell’amor mio.
Alvaro. Sarò fedele osservatore di mia parola.
Rosaura. Ci rivedremo.
Alvaro. Potessi almeno saper chi siete!
Rosaura. Quando voi lo saprete, vi prometto che stupirete. (parte)