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358 ATTO TERZO

SCENA IX.

Strada con bottega di caffè con sedili, e quanto occorre per servizio della bottega medesima.

Caffettiere e garzoni, Milord ed il Conte.

Conte. Dammi il caffè, (portano il caffè al Conte ed a1 Milord) Eh, non date il caffè a Milord; egli è avvezzo a bere la cioccolata dalle dame; non gli piaceranno le bevande delle botteghe.

Milord. (5cuote il capo, e beve.)

Conte. Ma di quelle cioccolate ne vogliamo bere più poche, Milord mio caro.

Milord. (Fa lo stesso.)

Conte. Con questo vostro non rispondere sembrate allevato più fra le bestie che fra gli uomini.

Milord. (Lo guarda bruscamente.)

Conte. La signora Rosaura avrà conosciuto il vostro selvatico temperamento.

Milord. (S’alza da sedere, ed esce2 fuori dalla bottega).

Conte. Sì, fate bene a prendere un poco d’aria.

Milord. Monsieur, venite fuori.

Conte. Con qual autorità mi comandate?

Milord. Se siete cavaliere, dovete battervi meco.

Conte. Son pronto a soddisfarvi. (s’alza, ed esce di bottega)

Milord. Imparate a parlar poco e bene.

Conte. Non ho bisogno d’imparar a viver da voi.

Milord. A noi. (mette mano, e fa lo stesso il Conte)

Conte. Come volete combattere?

Milord. A primo sangue.

Conte. Benissimo. (quelli della bottega tentano di separarli)

Milord. Non vi movete, o vi taglio la faccia.

Conte. Lasciateci combattere. La disfida è al3 primo sangue. (si battono, e il Conte resta ferito in un braccio

  1. Bett.. Pap., Sav. ecc.: ed anco a.
  2. Bett.: e vien.
  3. Bett,: La sfidata è a.