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350 | ATTO TERZO |
la prova sia più efficace, mi fingerò della nazione di ciascheduno di essi, e coll’aiuto di un abito bene assettato, della maschera, delle lingue che già sufficientemente io possiedo, e di qualche caricatura all’usanza di quei paesi, cercherò di farmi credere sua paesana. Mi lusingo di riuscirvi, che per imitare io valeva1
un Milano sin da ragazza. Chi saprà resistere a questa tentazione, sarà da me prediletto.
Marionette. Non mi dispiace il pensiero; ma preveggo bene probabilmente, che non ne sposerete nessuno.
Rosaura. Perchè?
Marionette. Perchè è difficile che un uomo resista, solleticato da una tentazione sì forte.
Rosaura. L’effetto deciderà. Per sostenere i vari caratteri, ho bisogno però di qualche istruzione. Tu puoi giovarmi nel personaggio francese.
Marionette. E anco nell’inglese, sendo stata in Londra tre anni. Tutto consiste, vedete, in2 saper unire l’amoroso al serio, e in certe riverenze curiose, che sono particolari alle donne di quella nazione.
Rosaura. M’ingegnerò di riuscirvi.
Marionette. Ma la voce vi darà a conoscere.
Rosaura. La maschera altera facilmente la voce.
SCENA II.
Pantalone e dette.
Pantalone. Con grazia, se pol intrar? (di dentro)
Rosaura. Passi, signor cognato, è padrone.
Pantalone. Cara siora cugnada, son vegnù a domandarghe scusa, se stamattina gh’ho parla con un pochette de caldo; i omeni bisogna compatirli co i gh’ha delle debolezze che li predomina, e spero che gnanca per questo no la me varderà de mal occhio.
Rosaura. Voi fate meco una parte, che toccherebbe a me piuttosto