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342 ATTO SECONDO


sommo aggradimento il ritratto che vi siete degnato mandarmi... Che dice di ritratto? (ad Arlecchino)

Arlecchino. (Oh poveretto mi! l’ho fatta. Invece de darghe la risposta che andava a lu, gh’ho dà quella del Franzese. Ma niente, spirito e franchezza, e ghe remedierò).

Alvaro. Ebbene, non rispondi?

Arlecchino. L’albero della vostra casa è il ritratto della vostra grandezza.

Alvaro. Così l’intendevo ancor io Per la stima ch’io faccio dell’originale. E l’originale come c’entra? (ad Arlecchino)

Arlecchino. Ditemi un poco. Chi è il primo in quell’albero?

Alvaro. Un re di Castiglia.

Arlecchino. Vedete la furberia della donna! la superbia del sesso! Fa stima di quel re, che è l’origine o sia l’originale della vostra casa.

Alvaro. Così l’intendeva ancor io. Il mio non ve lo posso mandare, perchè non l’ho.

Arlecchino. Ella non ha albero. Vedete bene.

Alvaro. L’intendo ancor io. Tanto stimo questa gioja preziosa... Gioja preziosa? (ad Arlecchino)

Arlecchino. Vuol dir un tesoro, che è l’albero.

Alvaro. L’intendo ancor io. Che lo voglio far legare in un cerchio d’oro. Oh diavolo! In un cerchio d’oro il mio albero?

Arlecchino. Vuol dire in una cornice dorata.

Alvaro. Così l’intendeva ancor io. E portarlo attaccato al petto. Un quadro di quella grandezza attaccato al petto?

Arlecchino. Eh, non l’intendete? è frase poetica. Lo porterà sempre nel cuore.

Alvaro. Per l’appunto così l’intendevo ancor io. Addio. (vuol partire)

Arlecchino. Cavaliere.

Alvaro. Che vuoi?

Arlecchino. Come state di memoria?

Alvaro. Che temeraria domanda!

Arlecchino. I cavalieri che promettono, mantengono la parola.