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28 | ATTO PRIMO |
Brighella. (Anca ela la sta fresca). da sé)
Beatrice. Sento gente. Non vorrei esser veduta. Datemi il mio appartamento.
Brighella. La resta servida con mi. Ghe n’ho tre in libertà, la se scieglierà quello che più ghe piase.
Beatrice. Prego il cielo che arrivi presto. Non vorrei che gli fosse accaduto qualche sinistro1. (parte)
Brighella. Povera diavola! el gh’ha dà da intender de esser da maridar, per magnarghe quei pochi de quattrini. (parte)
SCENA IV.
Ottavio, da viaggio. Tonino, parimente da viaggio, cogli stivali
da cavalcare e goffamente vestito.
Ottavio. Animo, signor Tonino. Siamo in Roma; vi riposerete, vi cesserà l’incomodo cagionatovi2 dal cavalcare.
Tonino. Sior Ottavio, ve lo digo e ve lo protesto, mai più in cavallo.
Ottavio. Voi dite in cavallo, come si dice in gondola. Dovete dire a cavallo.
Tonino. O a cavallo, o in cavallo. El m’ha rotto le tavarnelle, son sconquassa, son desnombolà; nol me cucca più.
Ottavio. Per causa delle nevi non si è potuto proseguire il viaggio in calesse, ha convenuto venire come si è potuto.
Tonino. Gnanca el calesse no me piase troppo. Sia pur benedetto le gondole. Almanco se sta comodi, stravaccai3, no se se sbatte, no se se rompe i ossi. Sior Ottavio, per un mese fé conto che mi no ghe sia.
Ottavio. Perchè? che cosa volete fare in un mese?
Tonino. Star in letto, e remetter la carne che ho perso in sto viazo.
Ottavio. Vergogna! Giovane come siete, essere così poltrone! non voglio sentirvi parlar così.