Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, II.djvu/337


LA VEDOVA SCALTRA 327

Arlecchino. Signor sì, la conosco. (Diavolo, tutti intorno a custia!) (da sè)

Alvaro. Tu avrai l’onore di presentarle in mio nome un tesoro.

Arlecchino. Un tesoro? Una bagatella! Lo presenterò; ma la se recorda che ogni premio vol la so fadiga.

Alvaro. Prendi, portale questo foglio, e sarai largamente rimunerato.

Arlecchino. Elo questo el tesoro?

Alvaro. Sì, questo è un tesoro inestimabile.

Arlecchino. Cara ela, la perdona la curiosità, coss’èlo mo sto tesoro?

Alvaro. Questo è l’albero del mio casato.

Arlecchino. (Se ne ride) (L’è un tesoro compagno della zoggia del Franzese). (da sè)

Alvaro. Lo darai a donna Rosaura, e le1 dirai così: Gran Dama, specchiatevi nei gloriosi antenati di Don Alvaro vostro sposo, e consolatevi che avrete l’onore di passare fra l’eroine spagnuole.

Arlecchino. La senta, el tesoro lo porterò, ma tutte ste parole è impossibile che mi le diga. Se la vol che me le arecorda, bisogna che la le scriva.

Alvaro. Sì, lo farò; vieni alla mia camera, e se mi porti una lieta risposta, assicurati che vi sarà un piccolo tesoretto ancora per te.

Arlecchino. No vorave che el piccolo tesoretto fusse qualche piccolo alberetto. (Ma co ste do incombenze spero de far una bona zornada). (da sè, parte con D. Alvaro)

SCENA VIII.

Camera di Rosaura, con tavolino, carta, calamaro e sedie.

Il Dottore ed Eleonora.

Dottore. Figliuola mia, il partito ch’io vi propongo delle nozze del signor Pantalone è molto avvantaggioso per voi, mentre se il signore Stefanello era ricco, suo fratello, che ha aggiunte alle proprie le facoltà ereditate, deve essere ricco al doppio.

  1. Bettin.: gli.