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326 ATTO SECONDO

SCENA VI.

Milord, e poi Birif.

Milord passeggia da se solo, senza parlare, su e giù per la scena; poi tira fuori uno scrignetto di gioje, e le guarda, indi lo chiude, e chiama.

Milord. Birif.

Birif. (Viene e si cava il cappello, senza parlare.)

Milord. Prendi questi diamanti, portali a madama Rosaura: la conosci?

Birif. Sì signore.

Milord. Dille che mando te, non potendo andar io.

Birif. Sì signore.

Milord. Portami la risposta.

Birif. Sì signore. (parte)

Milord. Mille ducati, ah! Costan poco. Merita più. Si farà, si farà. (parte)

SCENA VII.

Arlecchino con un foglio in mano, avuto dal Francese, poi Don Alvaro.

Arlecchino. Stavolta pol esser che arriva a far la me fortuna: a bon cont, el Frances me vestirà, e spereria de avanzar l’abit, se l’è galantomo come i altri Franzesi, che ho cognossù. No vorave scordarme el complimento, che ho da far a siora Rosaura. El tornerò a lezer, per cazzarmelo ben in te la memoria.
(apre il foglio, e vedendo venire lo Spagnuolo, lo serra e lo ripone)

Alvaro. Galantuomo.

Arlecchino. (Guarda intorno, non credendo parli con lui) Con chi parlelo?

Alvaro. Amico, parlo con te.

Arlecchino. La ringrazio della bona opinion.

Alvaro. Dimmi, conosci donna Rosaura, cognata di D. Pantalone?