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324 ATTO SECONDO

Monsieur. Non voglio però che tu dica esser un servitore di locanda, che non mi conviene mandarti con questo titolo.

Arlecchino. Chi oio da dir che son?

Monsieur. Devi passar per il mio cameriere, giacchè, come tu sai, sono tre giorni che l’ho licenziato dal mio servizio.

Arlecchino. Ghe voria mo i abiti a proposito. La vede ben...

Monsieur. Vieni nella mia camera. Ti vestirò alla francese.

Arlecchino. Alla franzese! Oh magari! Anca mi deventerò monsù.

Monsieur. Dovrai porti sul gusto della nostra nazione, dritto, svelto, spiritoso, pronto. Cappello in mano, riverenze senza fine, parole senza numero e inchini senza misura.

Arlecchino. (Sì va provando, e non gli riesce.)

Monsieur. Ecco la gioja che tu le devi recare. Questo è il mio ritratto; e son sicuro ch’ella apprezzerà la delicatezza di questa effigie, più che la ricchezza di tutte le gioje del mondo.

Arlecchino. Oh che zoggia! oh che bella zoggia!

Monsieur. Odi, mio caro Arlecchino, odi il complimento che le dovrai fare per me; apprendilo bene, non te ne dimenticare parola, poichè in ogni accento è rinchiuso un mistero.

Arlecchino. No la se dubita; la diga pur, che l’ascolto.

Monsieur. Tu le devi dir1 così: Madama, chi aspira a farvi l’intiero dono del rispettoso ed umile originale, v’invia anticipatamente il ritratto. Tenetelo in luogo di amoroso deposito, fintanto che la sorte gli conceda l’onore...

Arlecchino. Basta, basta, per amor del cielo. No me ne recordo più una parola.

Monsieur. Orsù, vedo che tu hai poca memoria. Sai leggere?

Arlecchino. Qualche volta.

Monsieur. Vieni nella mia camera, che lo registrerò sopra un foglio. Lo leggerai tante volte, finchè ti resti nel capo.

Arlecchino. Se l’ho da lezer fin che el me resta nella memoria, ho paura de averlo da lezer tutto el tempo de vita mia.

Monsieur. Caro Arlecchino, seguimi, non ti trattenere. Sono impaziente di sentir la risposta che madama averà la bontà di man-

  1. Bettin.: Tu devi dire.