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294 ATTO PRIMO

Monsieur. Stanotte la vidi guardarmi sì attentamente, che ben m’accorsi dell’impressione che fatta avevano i miei occhi nel di lei cuore. Ah, nel darle la mano nell’ultimo minuè, mi parlò1 sì dolcemente, che fu miracolo non le cadessi prostrato a’ piedi!

Alvaro. Io non soglio vantarmi delle finezze delle belle donne; per altro avrei molto da dir per confondervi.

Conte. (Ardo di gelosia). (da sè)

Monsieur. Monsieur Pantalone, di lei cognato, è mio buon amico. Non lascerà d’introdurmi.

Alvaro. Il Dottore suo padre è mio dipendente. Mi sarà egli di scorta.

Conte. (Sarà mia cura di prevenirla). (da sè)

Milord. Ehi? (chiama, e s’alza da sedere)

SCENA III.

Arlecchino e detti, poi altri camerieri di locanda.

Arlecchino. Lustrissimo, cossa comandela?

Milord. Vieni qui. (Lo tira in disparte; gli altri tre restano a tavola, mostrando parlar fra di loro)

Arlecchino. Son qui.

Milord. Conosci madama Rosaura, cognata di Pantalone dei Bisognosi?

Arlecchino. La vedova? La cognosso.

Milord. Tieni questo anello, portalo a madama Rosaura. Dille che lo manda a lei milord Runebif. Dille che è quell’anello, che nella passata notte ella stessa mi ha lodato; e dille che questa mattina sarò da lei a bere la cioccolata2.

Arlecchino. Ma, signor, la vede ben...

Milord. Tieni, sei zecchini per te.

Arlecchino. Obbligatissimo; no diseva per questo, ma no vorave che el sior Pantalon...

Milord. Vanne, o ti farò provare il bastone.

  1. Bettin.: me la strinse; Paper. e altri: mi ferì.
  2. Bettin.: il cioccolatte.