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22 | ATTO PRIMO |
locanda, e vi ho veduta tanto afflitta e addolorata, che ho desiderato sempre di saperne il motivo, affine di potervi in qualche conto giovare, se non altrimenti, almeno colle parole.
Eleonora. Assicuratevi che non è senza un forte motivo la mia tristezza; ma per ora ho risolto di non parlare. Aspetto ancora due giorni, per vedere se capita una persona qui in Roma, che vi dovea capitare, e poi dopo risolverò, e forse pria di partire vi farò quella confidenza che desiderate.
Colombina. Roma è una città assai grande; come volete fare ad essere informata di tutti quelli che arrivano?
Eleonora. Ho qualche indizio, che la persona che aspetto possa venire ad alloggiare in questa istessa locanda; e quando ciò non accada, Arlecchino mio servitore va girando per la città espressamente, per informarsi nei caffè, negli alberghi e nei luoghi più frequentati, se capita quegli che non dovrebbe tardar molto a venire.
Colombina. Dite la verità, è qualche amante quegli che voi aspettate?
Eleonora. No, non è amante; non m’impegnate a dirvi di più.
Colombina. Veramente una serva di una locanda1 non merita la vostra confidenza.
Eleonora. Non vi offendete del mio silenzio. Tacerei con una dama, con un principe, con chi che sia.
Colombina. Almeno ditemi, se siete maritata o fanciulla.
Eleonora. Colombina, per ora non mi tormentate d’avvantaggio. Ho da scrivere una lettera che mi preme. Lasciate ch’io vada a spicciarmi di questo affare. Ci rivedremo. Può essere che domani vi scopra tutto. Addio. parte)
SCENA II.
Colombina, poi Arlecchino.
Colombina. E ho da star fin domani con questa curiosità in corpo? Quanto più ella continua a nascondermi l’esser suo,
- ↑ Zatta: di locanda.