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L'UOMO PRUDENTE | 259 |
da so posta i precipizi, e el compra colle iniquità la so propria rovina. Cossa hoggio da far in sto caso? Taser xe mal; parlar xe pezo. Se taso, ghe filo el lazzoa; se parlo, tutto el mondo lo sa. Tasendo, xe in pericolo la mia vita; parlando, pericola la reputazion della casa. Prudenza e consegio. Orsù, qua bisogna ziogar de testa. Remediarghe, ma senza strepito. Quel che ho fatto de Colombina e de Arlecchin, farò de Beatrice. La farò serar in t’un liogo, che gnanca l’aria lo saverà, e no mancherà pretesti per farla creder o in villa, o ammalada. Mio fio lo manderò in Levante, e me libererò in sta maniera de do nemici, senza sacrificarli e senza publicar i desordini della mia casa. Sta pignata, sto piatto e sta cagna bisogna farli sparir, acciò no s’abbia un zorno a trovar el testimonio delle so indegnità e delle mie vergogne. Mariib troppo boni, pari troppo amorosi, specchieve in mi, e considera che quando l’omo se marida, el se fabbrica delle volte un lazzo colle so man, e quando ghe nasse un fio, per el più ghe nasse un nemigo. (parte)
SCENA VII.
Camera con vane porte e tavolino.
Beatrice e Lelio.
Beatrice. Ma venite. Di che1 avete paura?
Lelio. Eh, signora mia, mi ricordo del complimento del signor Pantalone. Mi sovviene del trabocchetto.
Beatrice. Per liberarvi da simile malinconia, vi ho condotto io stessa su per le scale.
Lelio. E de’ due uomini della schioppettata, come anderà?
Beatrice. Non dubitate. Vi giuro sull’onor mio che Pantalone fra poco non sarà più in istato ne di comandare, nè di vendicarsi.
Lelio. M’affido alle vostre parole, come feci al vostro viglietto, e per ubbidirvi...
- ↑ Sav. e Zatta: di chi.