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L'UOMO PRUDENTE | 253 |
compagnia: mentre in tali casi uno aiuta l’altro. Ma già che in quel pentolino vi è la panatella di Pantalone, quella sarà a proposito per fare l’operazione. Ecco in questa poca polvere le mie vendette, (va al focolare e mette il veleno nella pentola) Mangiala, che buon pro ti faccia. Non avrebbe da andar troppo in lungo l’effetto di questo veleno, poichè la dose è molto caricata.
Ottavio. Signora Beatrice. (affannato)
Beatrice. Che vi è di nuovo?
Ottavio. Avete ricevuto da quella donna il foglio sigillato col veleno?
Beatrice. Certo, l’ho avuto.
Ottavio. Datemelo, datemelo.
Beatrice. Perchè?
Ottavio. Datemelo e non pensate altro.
Beatrice. È già messo in opera.
Ottavio. Come? L’ha bevuto mio padre?
Beatrice. No, ma è in una di quelle pentole, che sono al fuoco. Ottavio, in quale?
Beatrice. In una di quelle.
Ottavio. Le butterò tutte sossopra. Ah, che il rimorso mi rode il cuore! Sento un’inquietudine che mi tormenta. La natura, inorridita di così atroce delitto, mi rimprovera già di parricida.
Beatrice. (Oimè son perduta! Bisogna ingannarlo). (da sè)
Ottavio. Ho già persuasa la signora Diana della mia innocenza; e se mio padre non approva le nostre nozze, noi le faremo senza di lui; benchè m’abbia egli fatto sottoscrivere quel foglio, un matrimonio segreto tronca qualunque promessa. Non sia mai vero ch’io cooperi alla morte di chi mi ha data la vita.
Beatrice. Avete ragione, anch’io ne cominciava a sentir della pena; voi siete figlio, e vi sentite muovere dal nome di padre; anch’io finalmente son moglie, e il vostro esempio mi risveglia l’amore del consorte. Credetemi, lo facevo più per voi che per me. (S’egli, riconciliato con Diana, più non cura le sue vendette, io non voglio trascurare le mie). (da sè)