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248 ATTO SECONDO


sta molto bene, ed io era una pazza a lasciarmi levar di casa con sì bel pretesto; è ben vero però che il vecchio non mi può vedere e non mi lascerà mai aver pace, onde se mi viene occasione di maritarmi, lo voglio fare, e allora uscirò di casa con riputazione. Vi sarebbe Arlecchino, che non mi dispiace: è un poco sciocco, ma per la moglie non è male che il marito sia sciocco. Eccolo appunto, ed è vestito cogli abiti del signor Ottavio; qualcuna delle sue solite galanterie. E come sta bene!

Arlecchino. Largo, largo al fior della nobiltà.

Colombina. Buon giorno. Arlecchino.

Arlecchino. Addio, bella zitella. (con sussiego)

Colombina. Che vuol dire che stai così sussiegato meco?

Arlecchino. La mia nobiltà1 non s’abbassa colle femmine cucinanti.

Colombina. Che! sei diventato nobile?

Arlecchino. Non vedi l’abito?

Colombina. L’abito non fa il nobile.

Arlecchino. E pur al dì d’ozi2 basta un bell’abit per aver del lustrissimo.

Colombina. Hai ragione. Dunque di me non ti degni?

Arlecchino. No certo.

Colombina. E pur so che tu mi volevi bene.

Arlecchino. E te ne voria ancora, se non fusse incavalierà.

Colombina. E se io fossi indamata, mi vorresti allora bene?

Arlecchino. Siguro; te amaria quanto la pupilla degli occhi miei.

Colombina. Illustrissimo signore, si contenti d’aspettare un pochino, pochino. (Voglio secondar il di lui umore). (da sè)

Arlecchino. Andate, andate, bella ragazza, che noi vi aspettiamo. (Fino che torna Colombina, Arlecchino fa delle buffonerie, affettando l’aria nobile, facendo ricetenze e pavoneggiandosi; poi torna Colombina, con tabarrino e cuffia da dama.)

Colombina. Cavaliere, a voi m’inchino.

Arlecchino. Bella dama, a voi mi prostro.

Colombina. Un cavaller non istà bene senza la dama.

  1. Sav. e Zatta: La nobiltà.
  2. Bett., Sav. e Zatta: oggi.