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L'UOMO PRUDENTE 239

Pantalone. Questo xe un atto de giustizia. Mia fia no xe bastarda, e xe dover che la gh’abbia la so dota.

Rosaura. Signor padre, se me lo permettete, voglio condurre il signor Florindo a vedere la mia cagnolina che ha partorito l’altro giorno tre canini1 che paion dipinti.

Pantalone. Sì sì, mènelo a veder quel che ti vol: faghe veder tutto, che l’è parona.

Florindo. Dunque con sua licenza, signor suocero.

Pantalone. Sior zenero, la se comoda.

Florindo. Ah, che di me non v’è uomo più contento nel mondo! (parte)

Rosaura. (Voglio più bene a Florindo, che non voglio a mio padre e ancor più che non voleva a mia madre. Poverino! mi fa tante carezze!) (da sè, e parte)

SCENA XIV.

Pantalone, poi Ottavio.

Pantalone. A veder sti do novizzi, me se resvegia2 alla memoria quei tempi antichi3, quando anca mi co mia mugier Pandora... Quella la giera una donna de garbo. Sia maledìo quando ho tiolto custia. Ma co l’è fatta, bisogna lodarla.

Ottavio. (Pensoso passa davanti a ’Pantalone, si cava il cappello, e non parla.)

Pantalone. (La luna ha fatto el tondo). (da sè) Com’ela, sior fio? Sempre inmusonàb, sempre colle cegie revoltaec? Sè un omo molto bisbetico.

Ottavio. Mah, bisogna esserlo per forza. Un uomo che non ha il suo bisogno, si vergogna di comparire fra gli altri.

Pantalone. No gh’avè el vostro bisogno? cossa ve manca? Trenta ducati al mese da buttar via, no i ve basta?

  1. Paron, patrone.
  2. Inmusonà, con faccia brusca.
  3. Colle cegie revoltae, accigliato.
  1. Zatta: cagnini.
  2. Pasquali ha: resveglia.
  3. Zatta: antighi.