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L'UOMO PRUDENTE 229


el cria, e se el te dà causa de criar, essi tia la prima a taser, se pur xe passibile che una donna sia la prima a sbassar la ose.

Rosaura. Vi ringrazio di questi buoni avvertimenti. Cercherò di valermene. Ma il signor Florindo che fa? Dorme ancora?

Pantalone. No so; la camera no l’ho gnancora averta; aspetta che adesso, se el xe levà, vôi che se concluda su do piè sto matrimonio. va per aprire)

Rosaura. (Volesse il cielo! non vedo l’ora di sentirmi chiamare signora sposa). da sè)

Pantalone. Sior Florindo, xela in letto? Nol responde, adesso anderò a veder se el dorme. a Rosaura, ed entra)

Rosaura. Sì sì, fate prestino. Che rabbia avrà la signora Beatrice. Eh, ora non potrà farmi la padrona addosso.

Pantalone. (Esce confuso, e guarda e riguarda dentro e fuori, e osserva bene la chiave.)

Rosaura. (Mi par confuso, che sarà mai?) (da sè) E bene, signor padre, che fa il signor Florindo?

Pantalone. Eh sì, adesso adesso. torna in camera)

Rosaura. Io non capisco questa sua confusione. Voglio farmi animo; voglio andarvi anch’io. Che sarà mai? Finalmente è mio sposo. (vuol entrare; Pantalone esce e la trattiene)

Pantalone. Dove andeu, sfazzada?

Rosaura. Non mi dite nulla... Andavo a vedere io...

Pantalone. No abbiè ardir d’intrar in quella camera. Sior Florindo no xe gnancora vostro mario.

Rosaura. Ma almeno ditemi che cosa fa? È egli nel letto?

Pantalone. Siora sì, el xe in letto; ghe dol un poco la testa e el vol dormir. Andè in te la vostra camera: ànemo.

Rosaura. Siete in collera?

Pantalone. Anemo, ubbidì, se no volè che vaga in collera.

Rosaura. Subito, eccomi, v’obbedisco. Il ciel mi guardi di disgustarvi! (Ah, che io lascio gli occhi su quella porta, ed il cuore non si parte da quella camera). (da sè, ed entra nella sua stanza)

  1. Essi ti, sii tu.