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216 | ATTO PRIMO |
Colombina. Ma gli volete poi bene al signor Florindo?
Rosaura. Orsù, non mi rompere il capo con simili discorsi. Vammi a pigliare qualche cosa da cena; che io qui sedendo ti aspetto. (siede)
Colombina. Ora vado a servirvi. (vuol smoccolare il lume, e lo spegne) Oh diamine! mi si è spento. Aspettate che vado a riaccenderlo.
Rosaura. Fa presto, che ho paura a stare al buio.
Colombina. Vengo subito. (Povera bambina!) (da sè) (Parte, lascia il lume in terra spento.)
Rosaura. Guardate che sguaiata! Lasciarmi qui all’oscuro, a pericolo ch’io vegga qualche fantasma. Oimè! solo a pensarlo mi sento venir freddo. Farmi sentir non so che. Oh povera me! che sarà mai?
SCENA XV.
Colombina, tenendo per mano Lelio all’oscuro, e detti.
Lelio. Dubitavo che quello sciocco d’Arlecchino avesse equivocato.
Colombina. No no, ha detto bene. La signora Beatrice appunto v’aspettava. Trattenetevi in questa camera alcun poco, finchè il vecchio va a letto, e or ora verrà. sotto voce)
Lelio. Ma qui dove sono?
Colombina. State zitto e aspettate. (Ora la quaglia è nelle rete, convien scoprirla). (da sè, e parte)
Lelio. Io mi trovo nel bell’imbarazzo. Queste donne mi vogliono precipitare.
Rosaura. Eppure parmi di sentir gente. Io tremo da capo a piedi.
Lelio. E quanto dura questa faccenda?
Rosaura. E Colombina non viene.
Lelio. Vedo venir un lume. Sarà la signora Beatrice.
Rosaura. Questa sarà Colombina.
Lelio. Oimè, Pantalone! Dove m’ascondo?
(Corre per trovar luogo da celarsi, urta nella sedia dove sta Rosaura, e casca addosso a la medesima.)
Rosaura. Aiuto, misericordia.