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L'UOMO PRUDENTE | 201 |
che suole, o mi ha gabbato, o che gabbar mi vuole. Fareste meglio ad andarvia a spogliare e andarvene a letto, che sarete stracco.
Pantalone. Cara fiab, vedo che me volè ben anca vu, se ve preme la mia salute. Vegnì qua, tocchemose la man. s’accosta)
Beatrice. Eh via, andate, che questi signori vi dispensano.
Lelio. Oh sì, vada pure a suo comodo. a Pantalone)
Florindo. Per amor del cielo, non stia in disagio per noi. a Pantalone)
Pantalone. Donca, per obbedir1, no mai per mancanza de respetto, me senterò su sta caregac, e goderò anca mi della so conversazion. siede dove prima era seduta Rosaura)
Beatrice. (Che ti venga la rabbia! Credevo che se n’andasse, e si mette a sedere). da sè)
Ottavio. (Anche questo ci voleva). da sè)
Pantalone. Ma ste do tazze de tè per chi hale servìo? Chi ghe giera su ste careghe?
Beatrice. Chi e’era? C’era la vostra signora figliuola, in conversazione sfacciatamente cogli altri, coll’amante vicino, e quando vi ha sentito venire, la modestina se n’è fuggita.
Pantalone. Via via, fia mia, no pensè mal de quella povera puttad. Cognosso la so innocenza, e no la xe capace de certe cosse.
Beatrice. Cospetto! Mi fareste dire... Ecco, tutte le mie azioni sono criticate, e colei può metter sottosopra la casa, che fa tutto bene. Si vede la vostra troppa parzialità; ma questa sarà la rovina di casa vostra.
Pantalone. Gh’ave rasone, disè ben; ghe remediaremo. La metterò fora de casa.
Beatrice. Oh assolutamente, o lei, o io.
- ↑ Sav. e Zatta: obbedirle.