Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
L'UOMO PRUDENTE | 197 |
Rosaura. Questo tè non mi piace niente. Mangerei più volentieri una zuppa nel latte.
Florindo. A proposito! Ma, cara Rosaura, non mi volete voi bene?
Rosaura. Uh! zitto, che non vi sentano.
Beatrice. Signor Florindo, che fate là con quella scimunita? Siete bene di cattivo gusto.
Rosaura. (La signora sputa sentenze). da sè)
Florindo. Io ho tutto il mio piacere, quando sono presso la signora Rosaura.
Beatrice. Eh, che un giovane della vostra qualità1 non deve perdere il tempo così inutilmente. Non vedete che figura ridicola? Merita ella le vostre attenzioni? Venite qui2, che starete più allegro.
Rosaura. (La signora Beatrice mi è veramente matrigna; non mi può vedere). da sè)
Florindo. Ma signora, voi siete bene accompagnata, a Beatrice)
Beatrice. Eh venite, che faremo la conversazione in terzo.
Lelio. Sì sì, amico, venite anche3 voi a godere dell’amabile compagnia della signora Beatrice.
Florindo. Ma io...
Beatrice. Ma voi, padron mio, vi abusate della mia sofferenza.
Florindo. Perdonate, sono da voi. (Rosaura, per non disgustarla, conviene ch’io vada. Vogliatemi bene). piano a Rosaura, e va vicino a Beatrice)
Rosaura. (Pazienza! Non mi lascia avere un momento di pace! Povera madre mia, dove sei? Tanto bene che mi voleva! tante carezze che mi faceva! Ed ora ho da essere strapazzata dalla matrigna? Pazienza! pazienza! Lo voglio dire a mio padre). da sè, piangendo)
Beatrice. Guardate la vostra innamorata; piange come un bambolo. Che ti venga la rabbia! Se fosse mia figlia vera, la bastonerei come un cane.
Rosaura. Manco male che non lo sono...