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il gran concorso degli Associati il credito dell’Autore, lo merita la fama delle opere vostre, e lo merita il carattere vostro delicatissimo nel mantenere esattamente la fede, potendo assicurarsi il pubblico della vostra più accurata attenzione e della più sollecita esecuzione al progetto, e che quantunque non abbiate, appunto per delicatezza di animo, espresso il tempo della pubblicazione di ciascheduna delle otto carte, le darete in un termine assai discreto, e non farete desiderare le vostre stampe, come ho fatt’io penare il Tomo Decimo della mia edizione1. Orsù, questo è alfin terminato e con lieto animo l’ho compito, allora quando mi suggerì l’amicizia di dare a voi, carissimo Signor Pitteri, una pubblica testimonianza della mia gratitudine. La mia presente edizione principiò col mio ritratto, opera decorosa della vostra mano, giust’è che termini con una offerta rispettosa della mia penna al vostro illustre nome. Voi vedete che dal canto mio tento la via di rendervi il bene, che da voi riconosco. Vorrei eternarvi ne’ fogli miei come voi di me faceste nei vostri rami, ma troppa disparità vi passa dal credito che hanno presso degli uomini i lavori vostri a quello che possano meritare i miei, e il maggior pregio di cui lusingare mi vaglia, si è quello che voi medesimo mi avete colla riputazione vostra acquistato. Gradite non pertanto la buona inclinazione dell’animo che vi dimostro, e se non vogliono i miei fogli ad innalzare la vostra fama, consolatevi che non avete d’uopo nè di me, nè di altri, per rendervi meritamente immortale. Siete assai conosciuto mercè le opere vostre da tutto il mondo, e qui nella nostra Patria comune, oltre il pregio in cui si tengono i vostri lavori, viene giustamente stimata per il bel carattere che l’adorna, la degna vostra persona. Nemico del fasto e della ostentazione di voi medesimo, vi compiacete di un picciolo mondo, mal persuaso del grande in cui si affollano gli ambiziosi. Non siete avido delle lodi che a voi si convengono, e darne solete a tutti discretamente, mai biasimando le opere altrui, col saggio riflesso che i periti si devono magnificare e gl’imperiti animare. Niuno direbbe mai che

  1. Questa lettera di dedica è nel t. X della edii. Paperini di Firenze, il quale uscì due anni dopo il precedente, nel 1757.