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I DUE GEMELLI VENEZIANI 175

Tonino. (Torna dall’osteria sospeso e mesto) Ah pazenzia! L’ho visto tardi. L’ho cognossù troppo tardi. Quello che xe là drento, e che xe morto, l’è Zanetto, mio fradello.

Dottore. E lei dunque chi è?

Tonino. Mi son Tonin Bisognosi, fradello del povero Zanetto.

Rosaura. Che sento!

Dottore. Quale stravaganza è mai questa?

Beatrice. Dunque siete il mio sposo. (a Tonino)

Tonino. Sì ben, son quello. Ma vu, perchè strazzar la scrittura? Perchè strapazzarme? Perchè trattarme cussì?

Beatrice. E voi perchè rinunziarmi ad altri? Perchè sugli occhi miei parlar d’amore colla signora Rosaura?

Tonino. Gnente, fia mia, gnente. Le somegianze tra mi e mio fradello ha causa tante stravaganze. Son vostro, sè mia, e tanto basta.

Rosaura. Ma, signor Zanetto, e la fede che a me avete data?

Tonino. Do no le posso sposar. E pò mi non son Zanetto.

Dottore. O Zanetto, o Tonino, se non isdegnate di meco imparentarvi, potete sposar mia figlia. (Egli sarà ancora più ricco del fratello, per cagion dell’eredità). (da sè)

Tonino. Son qua, son pronto a sposar vostra fia.

Dottore. Datele dunque la mano.

Tonino. Ma dov’ela vostra fia?

Dottore. Eccola qui.

Tonino. Eh via, me maraveggio de vu. Questa no xe vostra fia.

Dottore. Come! Che cosa dite?

Tonino. Orsù, so tutto. So del pellegrin. So ogni cossa.

Dottore. Ah pettegola, disgraziata! (a Colombina)

Colombina. Oh, io non so nulla, vedete...

Tonino. Diseme, sior Dottor, quella medaggia che gh’ave trova in te le fasse, la gh’averessi?

Dottore. (E di più sa ancora della medaglia?) (da sè) Una medaglia con due teste?

Tonino. Giusto: con do teste.

Dottore. Eccola, osservatela, è questa?