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I DUE GEMELLI VENEZIANI | 159 |
No me fè star più qua.
Voria butarme là
Do orete sole.
Spiegar tutto el mio cuor
Voria... ma gh’ho rossor.
A bon intendidor
Poche parole.
Rosaura. Bravo. Evviva.
Zanetto. Hala sentio? Se la vol, son qua.
Rosaura. Ma vorrei che mi spiegaste una cosa che non intendo. Voi mi fate due figure affatto contrarie. Ora mi sembrate uno scimunito, ora un giovine spiritoso: ora sfacciato, ora prudente. Che vuol dire in voi questa mutazione?
Zanetto. No so gnanca mi, segondo che me bisegaa in tel cuor quel certo no so che... per esempio, se quei occhietti... perchè se podesse... Siora sì, giusto cussì.
Rosaura. Ecco qui, ora mi avete fatto un discorso da sciocco.
Zanetto. E pur drento de mi m’intendo, ma no me so spiegar. La vegna zoso, che me spiegherò meggio.
Rosaura. Sapete cosa io comprendo da questo vostro modo di parlare? Che fingete meco, e che punto non mi amate.
SCENA XIl.
Beatrice col servitore, e detti
Beatrice. (Tonino che parla con una giovine? Ascoltiamo). (da sè, in disparte)
Zanetto. Ve voggio tanto ben, che senza de vu me par d’esser oselob senza frasca, pàveroc senza oca, monton senza piegora, porzeletto senza porzeletta. Sì, cara, ve voggio ben e no vedo l’ora de buttarme a nuard in tel mar della vostra bellezza;