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I DUE GEMELLI VENEZIANI | 151 |
Zanetto. Da che far de un avvocato?
Bargello. Acciò faccia constare al giudice che queste gioje sono sue.
Zanetto. E ghe xe bisogno d’un avvocato? Chi lo sa meggio de mi, che quelle zogie xe mie?
Bargello. Sì, ma a lei non sarà creduto.
Zanetto. A mi no e all’avvocato sì? Donca se crede più alla busia che alla verità?
Bargello. Non è così: ma gli avvocati hanno la maniera per dir le ragioni dei1 clienti.
Zanetto. Ma se paghelo l’avvocato?
Bargello. Sicuramente, gli si dà la sua paga.
Zanetto. E al giudice?
Bargello. Anche a lui tocca la sua sportula.
Zanetto. E a vu ve vien gnente?
Bargello. E come! Ho da esser pagato io e tutti i miei uomini.
Zanetto. Sicchè donca tra el giudice, l’avvocato, el baresello e i zaffia, schiavo siore zogie.
Bargello. Ma non si può far a meno. Ognuno deve avere il suo.
Zanetto. Vualtri ave d’aver el vostro e mi no ho d’aver gnente? Bona! bella! me piase. Torno alle mie montagne. Là no ghe xe ne giudici, nè avvocati, nè sbiri. Quel che xe mio, xe mio, e no se usa a scortegar, col pretesto de voler far servizio. Compare caro, no so cossa dir. Spartì quelle zogie tra de vualtri, e se avanza qualcossa per mi, sappiemelo dir, che ve ringrazierò della caritae. Vegnì, ladri, vegnì, robeme anca la camisa, che no parlo mai più. Alla piegorab tanto ghe fa che la magna el lovoc, quanto che la scana el becherd. A mi tanto me fa esser despoggià dai ladri, quanto da vualtri siori. Sioria vostra. (parte)
Bargello. Costui mi pare un pazzo. Egli mi ha un po’ toccato
- ↑ Le più vecchie edd. hanno delli.