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144 ATTO SECONDO

Tonino. (Mia cara!) (come sopra)

Lelio. Sciogliete il labbro, mia bella.

Tonino. (Mia bella! Come xelo sto negozio?) (come sopra)

Florindo. Se Tonino vi lascia, è un traditore.

Lelio. Se Tonino vi abbandona, è un ingrato.

Tonino. (S’alza e si fa vedere) Tonin no xe traditor, Tonin no xe ingrato, Tonin no abbandona Beatrice. Me maraveggio de vu, sior muso da do musi, sior amigo finto, sior canapiolo monzuoa. (a Florindo)

Florindo. Ma la signora Rosaura...

Tonino. Che siora Rosaura? Tasè là, sior omo de stucco, e za che ave palesà el mio nome, e che me conte i passi per pubblicar tutti i fatti mii, da qua avanti no ardì gnanca de nominarme, no me vegnì in ti pìb, se no volè che ve fazza della panza un crielo1.

Lelio. Io per altro...

Tonino. E vu peraltro, sior cargadura, abbiè giudizio, se no, saveu? se una volta v’ho disarmà, un’altra volta ve caverò el cuor. Questa la xe roba mia, e tanto basta. (prende per mano Beatrice)

Beatrice. Dunque mi dichiarate per vostra.

Tonino. Zitto là; che co vu la descorreremo a quattr’occhi. Vegnì co mi. Scartozzi de pevere mal ligaic, paronzini salvadeghid, cortesani d’albeoe. (parte con Beatrice)

SCENA XX.

Florindo e Lelio.

Florindo. Non son Florindo, se non mi vendico.

Lelio. Non son chi sono, se non fo strage di quel temerario.

Florindo. Amico, siamo entrambi scherniti.

  1. Canapiolo monzuo, lo stesso che uomo da nulla.
  2. , piedi.
  3. Scartozzi de pevere mal ligai, cartocci di pepe mal fatti: termine di disprezzo.
  4. Paronzini salvadeghi: bravaccioni selvatici, cioè supposti.
  5. Cortesani d’albeo: suona quasi lo stesso. Albeo vuol dire abete, quasi uomini di legno.
  1. Crielo, crivello.