Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
I DUE GEMELLI VENEZIANI | 131 |
Tonino. Sè tanto bella, zentil e graziosa, che bisognerave esser de stucco a no volerve ben.
Rosaura. Che segno mi date del vostro amore?
Tonino. (Qua mo no so, se ghe voggia carezze o bezzi), (da sè) Tutto; comande.
Rosaura. Tocca a voi a dimostrarmi il vostro affetto.
Tonino. (Ho inteso. Veggio darghe una tastadinaa ). (da sè) Se no fusse troppo ardir, gh’ho qua certe zogiette, dirave che la se servisse. (apre lo scrignetto, e le fa vedere le gioje)
Rosaura. Belle, belle davvero. Le avete destinate per me?
Tonino. Se la comanda, le sarà per ella.
Rosaura. Accetto con giubilo un dono così prezioso, e lo conserverò come primo pegno della vostra bontà.
Tonino. Basta, a so tempo descorreremo. (Oh che cara modestina! no la se farà ve miga pregar). (da sè)
Rosaura. Ma ditemi, non volete con altro segno assicurarmi della vostra fede?
Tonino. (Ah, la me voria despoggiar alla prima), (da sè) Son qua; gh’ho certi zecchini, se la li voi, ghe li darò anca quelli.
Rosaura. No no, questi li potrete dare a mio padre. Io non tengo denaro.
Tonino. (Sì ben, la fia traffegab, el1 pare tien cassa). (da sè) Farò come che la vol.
Rosaura. Ma però non vi disponete a darmi quello che vi domando.
Tonino. Che diavolo! Voria la camisa? Ghe la darò.
Rosaura. Eh, non voglio da voi ne la camicia, ne il giubbone. Voglio voi.
Tonino. Mi? Son qua tutto per ela.
Rosaura. Oggi si può concludere.
Tonino. Anca adesso, se la vol.
Rosaura. Io sono pronta.
- ↑ Così Savioli e Zatta; Bettin., Paper, ecc.: e el.