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108 | ATTO PRIMO |
Tonino. No vorave darve incomodo.
Florindo. A me fareste piacere; ma per dirvela, ho un padre fastidioso, che non vorrebbe mai veder alcuno.
Tonino. Eh no no, gnente, comparea, gnente, anderò all’osteria.
Florindo. Mi rincresce infinitamente; per altro, se volete...
Tonino. Tonin Bisognosi no ha mai costumà de piantar el bordonb in casa dei so amici; e i cortesani della mia sorte i dà, e no i tiol. Vegnì a Venezia, e vederè come se tratta. Nu altri ai forestieri ghe demo el cuor; e gh’avemo sta vanità de trattar i forestieri in t’una maniera, che tutti diga ben de Venezia, più della so medesima patria. Ve so obbligà, cognosso el vostro bon cuor; ma la bona marec no la dise vustu, la dise tiòd.
Florindo. Ma caro amico, fatemi questo piacere, venite.
Tonino. Fe conto che sia vegnù. Se posso, comandème. So Tonin, e tanto basta. La vita e ’l sangue tutto prima per la patria, e pò per i amici. Pugna per patria e traditor chi fugge. Sioria vostra. (parte)
SCENA XIV.
Florindo solo.
Grand’è la mortificazione che io provo de’ rimproveri ben giusti del signor Tonino; ma l’amore ch’io ho per Beatrice, mi fa essere ingrato. S’io lo conduco in mia casa, è scoperto l’inganno. A me giova che parta Tonino, e resti meco Beatrice. Allora mi spiegherò, e forse non sarà contraria ai miei desideri. Anderò a rintracciarla. Per oggi e domani la farò star ritirata. Il servitore lo manderò fuori di Verona. Farò tutto per acquistarmi questa rara bellezza. So che manco al dovere e l’amicizia tradisco, ma amore comanda con troppo arbitrio al mio cuore. Devo a Tonino la vita, e son pronto a sagrificarla per lui. Tutto son pronto a fare, fuorché privarmi di Beatrice che adoro. (parte)