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I DUE GEMELLI VENEZIANI 101


strada, che forse forse mi condurrà al fine de’ miei disegni. In oggi1 chi sa più fingere, sa meglio vivere; e per esser saggio, basta parerlo. (parte)

SCENA X.

Strada.

Beatrice da viaggio, con un Servitore, e Florindo.

Beatrice. Tant’è, signor Florindo, io voglio tornar a Venezia.

Florindo. Ma perchè una risoluzione così improvvisa?

Beatrice. Sono ormai sei giorni ch’io sto attendendo il signor Tonino, con cui passar dovevo a Milano; e non per anco lo vedo a comparire. Dubito che siasi pentito di seguitarmi, oppure che qualche strano accidente non lo trattenga in Venezia; senz’altro voglio partire, e chiarirmi in persona di questo fatto.

Florindo. Ma questa, perdonatemi, è un’imprudenza; volete ritornar a Venezia, da dove2, per consiglio del signor Tonino, siete fuggita? Se vi trovano i vostri parenti, siete perduta.

Beatrice. Venezia è grande: s’entra di notte: farò in modo che non sarò conosciuta.

Florindo. No, signora Beatrice, non isperate ch’io vi lasci partire. Il signor Tonino a me vi ha indirizzata, a me vi ha raccomandata, ho debito di trattenervi, ho debito di custodirvi; così vuole la legge dell’amicizia, (e così richiede la forza di quell’amore, che a lei mi lega). (da sé)

Beatrice. Non vi lagnate, se ad onta del vostro volere mi procaccio da me stessa il modo di partire. Saprò trovare la Posta, e saprò col mio servo ritornare a Venezia, se con esso sono venuta a Verona.

Florindo. Oh, questo sì che sarebbe il massimo degli errori. Non mi diceste voi stessa che un certo Lelio per viaggio vi ha di continuo perseguitata? E non l’ho veduto io stesso qui in Verona raggirarsi sempre d’intorno a voi, a segno tale che più volte

  1. Bettin.: Oggidì.
  2. Bettin.: donde.