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Mi cade ora a proposito di rammemorare un fatto, che fece a me dell’onore, e aumentò l’attaccamento e la speranza della Figliuola e de’ suoi Congiunti. Un Giovane dipendente di quella casa ebbe che dire con un garzon bottegajo, e diedegli una ferita. Arrivommi nel medesimo tempo la querela del ferito, e la raccomandazione della Persona ch’io amava. Non potea servire all’amore e alla Giustizia, onde per non mancare nè all’uno, nè all’altra, pregai il mio Cancelliere di voler egli formare questo processo, ed intrapresi io di essere l’Avvocato difensore del Reo. La cosa riuscì si bene, che provando io la necessaria difesa, lo feci assolvere liberamente; e fu allora che il Cancelliere suddetto, ed il Signor Alessandro Novello di Castelfranco, degnissimo Vicario in quella Curia, e il Podestà medesimo e gli Avvocati della Città mi presagirono, che sarei ben riuscito nell’avvocatura criminale, come in fatti male non mi riuscì, quando in appresso mi trovai in grado di esercitarla.
Terminati i sedici mesi di quel Reggimento, mi convenne partire. Fu quella la prima volta ch’io conobbi la forza del vero amore, e la pena d’un violente distaccamento; ma fu forza di superarla, e partii con animo di ritornare a legarmi colla mia Bella. Passai a Venezia, mi trattenni colà qualche giorno, indi m’imbarcai col Corrier di Ferrara per andar da mio Padre, con animo di pregarlo e di persuaderlo, fidandomi nell’estrema tenerezza che aveva per me mia Madre. In quella barca, che chiamasi la Corriera, fra le molte persone che vi erano, trovavasi un certo giovane Padovano, di bella figura, ma di costumi indegni. M’invitò egli a giocare, ed io, che per mio malanno non ho mai saputo dire di no, accettai l’invito. Il gioco propostomi era un gioco innocente, chiamato il gioco di Cala Carte, in cui vince quello che è superiore nel numero delle carte che ha preso, e quello che trovasi avere più quantità di Spade, usando carte Italiane, o più quantità di Picche, usando carte Francesi.
Mescolava egli sì bene le carte, che ne faceva sempre al doppio di me, ed aveva sempre le Spade in mano. Mi rubbò, e me n’accorsi, ma non ardii di parlare. Arrivati a Ferrara, venne
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