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dato quarantadue Zecchini, che avea in saccoccia per pagare un debito del Collegio. Favoritemi ì miei gigliati, e prendete qui questi trenta Paoli, che sono per voi destinati. In così dire, mi mette in memo l’involto, a poco presso della stessa grandezza. Io aveva i zecchini in mano, e con un sospiro li rendo. Li vuol contare, mi pare un affronto; mi dice: La non si scaldi; mi saluta e va a rimontare nel suo barchetto. Cominciai allora nuovamente a riflettere sopra tutte le mie disgrazie. Aveva in tasca quel maladetto libretto, ch’era stato la cagion della mia rovina; era l’unica copia che io ne aveva; lo stracciai in mille pezzi, e dopo quel tempo non l’ho mai più riavuto, ne più mi son curato di averlo. Mi è restato soltanto il rossore ed il pentimento di averlo fatto. Compresi allora il danno ch’io aveva recato a me stesso, e l’ingiustizia ch’io aveva commessa verso degli altri. Questo ultimo riflesso mi si attaccò talmente al cuore, che per più e più mesi non sapea raflegrarmi di cosa alcuna, e non passava notte, che con sogni torbidi e spaventosi non mi sentissi inquietare. Oh, orribile maldicenza! Pagherei anche in oggi una porzion del mio sangue, se si potesse scancellare del tutto dalla mia memoria un tal fatto. Voglia Dio almeno, che a Pavia non se ne ricordino ancora; se mai per avventura alcuno se ne ricordasse, se alcuno degli offesi si sovvenisse ancora di questa mia leggierezza, gli chiedo perdono e lo prego di non negarmelo. Quella è stata la prima satira, che ho avuto l’ardir di fare, ed è stata l’ultima. Mai più mi è venuto in mente di farne, ed ho sempre aborrito di leggerne. Ne sono state fatte contro di me, che ho sofferte pazientemente per castigo di averne fatta una nell’età di diciott’anni.

Tornando alla mia situazione d’allora, restai sì afflitto e mortificato, ch’io non aveva coraggio di sortir di dov’era. Venuta la sera, mandò il Padron della barca ad annunziarmi la cena. Ricusai di andarvi, e domandai un materasso per coricarmi. Da lì a qualche tempo, veggo accostarsi qualcheduno alla poppa, e sento una voce, che dice pateticamente: Deo gratias. Questi era un Padre Domenicano, che dovea colla stessa barca viaggiar meco verso Venezia. Mi obbligò di uscire, mi obbligò di cenare, procurò con-


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