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di questi. Lasciata nell’anno avanti una bella con cento proteste di fedeltà e con impegno di coltivar di lontano la nostra corrispondenza, mi scordai di scriverle, e ritornato a Pavia, pretesi di riprendere il posto, che io aveva, in buona coscienza, demeritato, e che ad un Pavese era stato giustamente e con miglior intenzione accordato.
Piccatasi per ciò più la vanità che l’amore, feci parte del mio dispetto a’ miei amici e compagni, ed essi accordarono meco essere necessaria una vendetta per l’onore de’ Collegiali. Fra i varj eroici progetti fu preferito un afhronto al nemico, ma cedendo la prudenza al calore, fu pubblicato il disegno pria di eseguirlo1, ed arrivato alle orecchie del Superiore, ebb’io il sequestro per otto giorni in Collegio. Qui è, dove la collera, il puntiglio e la falsa meditazione mi riscaldarono la fantasia, e qui è dove in mio danno il genio comico principiò a lavorare.
Aveva fresca ancor la memoria di quanto avea Ietto ne’ buoni Autori intorno ai tre generi di Commedia: antica, mezzana e moderna. Mi ricordai che la prima non era che una cosa informe, tratta per altro da fatti veri, e con nomi veri di persone assai conosciute, che noi diremmo piuttosto presentemente: Una Satira dialogata. Questo è il genere di Commedia, che allora io scelsi per isfogar la mia collera e per vendicarmi. L’intitolai il Colosso.
V’introdussi dodici persone coi loro nomi, e come i primi inventori di cotal genere di Commedia andavano colla faccia coperta di creta, pubblicando e cantando le loro satire qua e là sopra delle carrette, io aveva divisato nel carnovale una mascherata, in cui da Attori incogniti m’immaginava di poterla far pubblicare, lusingandomi, assai pazzamente, di non esseme io scoperto l’Autore.
Ma la leggierezza, la vanità, l’amor proprio m’indussero a communicarla agli amici, o per meglio dire, a quelli che io prendeva per tali, e servendosi alcuni di essi della mia dabbenaggine, me la levarono dalle mani e la pubblicarono immediatamente. Per meglio farmi conoscere e meglio accreditare l’opera di mia mano, vi posero in fronte un Sonetto, ch’io aveva composto in altra occa-
sione |
- ↑ Nel testo: esseguirlo. - Ed.