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mente. Il mio Protettore, il Sig. Marchese Senatore Goldoni, venne per una causa del Senato di Milano a visitare alcune acque nel territorio Pavese; mi fece l’onore di farmi andare con esso lui per alcuni giorni; credeva io di farmi un gran merito leggendogli le mie Poesie, ma in luogo di lodarmi il saggio Senatore mi disse che la Poesia era una seduzione, una distrazione dagli studi, e che aspettava di consolarsi, quand’io le1 avessi presentata una Dissertazione legale. Restai un poco mortificato, ma Dio volesse che lo avessi meglio ascoltato. Ritornando a Pavia, con qualche vanità per altro per l’onorevole villeggiatura che aveva fatta, cercai di farla valere, per promuovere dell’invidia ne’ miei compagni, e può essere che da ciò principiasse l’inimicizia di alcuni di essi, che contribuì poi a rovinarmi nell’anno appresso. Ritornata la stagione della partenza, avea destinato di passare a Milano, e di colà trattenermi in casa del Protettore sino all’Ottobre, ma una compagnia assai piacevole mi distornò dal progetto, e mi fece risolvere di portarmi a Venezia. Era morto in Milano il Salvioni, Residente in quella Città per la Repubblica Serenissima di Venezia. Il suo equipaggio era imbarcato a Pavia in un delizioso burchiello, condotto dal suo Mastro di casa. Aveva egli dato l’imbarco a cinque o sei Veneziani di estrazione civile, di umore allegro, che suonavano varj strumenti. Mi proposero di accompagnarmi con esso loro; accettai il partito, e in fatti non si può immaginar un viaggio più allegro, più comodo e più delizioso. Mettevasi piede a terra tutte le sere. Piantavasi dappertutto una festa da ballo, si passava la notte in divertimento, e il giorno si viaggiava e si dormiva comodamente. Passai a Chiozza, dove stavano i miei genitori, ma in vece di colà arrestarmi, tirai di lungo fino a Venezia, per non lasciare una compagnia sì piacevole. Tutti i dì nel burchiello sacrificava una o due ore alla descrizione in versi del nostro viaggio, e questa mi valse, regalandola ai cari amici, per una specie di riconoscenza alle finezze, che mi avevano praticate.

Restai qualche tempo a Venezia. Mio Padre se ne dolse, mia Madre venne a trovarmi, e seco lei mi condusse a Chiozza.

Feci

  1. Correggi: gli. - Ed.