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IL SERVITORE DI DUE PADRONI 603


Truffaldino. Mi no saveria....

Beatrice. Presto, non ti confondere, dimmi la verità.

Truffaldino. Ghe domando scusa dell’ardir, che ho avudo de metter quel libro in tel so baul. L’è roba mia, e per non perderlo l’ho messo là. (L’è andada ben con quell’alter, poi esser che la vada ben anca con questo). (da sè)

Beatrice. Questo libro è tuo, e non lo conosci, e me lo dai in vece del mio?

Truffaldino. (Oh questo l’è ancora più fin). (da sè) Ghe dirò: lèe poc tempo che l’è mio, e cussì subito no lo conosso.

Beatrice. E dove hai avuto tu questo libro?

Truffaldino. Ho servido un padron a Venezia, che l’è morto, e ho eredità sto libro.

Beatrice. Quanto tempo è?

Truffaldino. Che soio mi? Dies o dodese zorni.

Beatrice. Come può darsi, se io ti ho ritrovato a Verona?

Truffaldino. Giust allora vegniva via da Venezia per la morte del me padron.

Beatrice. (Misera me!) (da sè) Questo tuo padrone aveva nome Florindo?

Truffaldino. Sior sì, Florindo.

Beatrice. Di famiglia Aretusi?

Truffaldino. Giusto, Aretusi.

Beatrice. Ed è morto sicuramente?

Truffaldino. Sicurissimamente.

Beatrice. Di che male è egli morto? Dove è stato sepolto?

Truffaldino. L’è casca in canal, el s’ha negà, e nol s’ha più visto.

Beatrice. Oh me infelice! Morto è Florindo, morto è il mio bene, morta è l’unica mia speranza. A che ora mi serve questa inutile vita, se morto è quello per cui unicamente viveva? Oh vane lusinghe! Oh cure gettate al vento! Infelici stratagemmi d’amore! Lascio la patria, abbandono i parenti, vesto spoglie virili, mi avventuro ai pericoli, azzardo la vita istessa, tutto fo per Florindo, e il mio Florindo è morto. Sventurata Beatrice! Era