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598 | ATTO TERZO |
Cameriere. (viene in compagnia d’un garzone) Che volete?
Truffaldino. Voria che me dessi una man a tirar fora certi bauli da quelle camere, per dar un poco de aria ai vestidi.
Cameriere. Andate: aiutategli. (al garzone)
Truffaldino. Andemo, che ve darò de bona man una porzion de quel regalo, che m’ha fatto i me patroni. (entra in una camera col garzone)
Cameriere. Costui pare sia un buon servitore. E lesto, pronto, attentissimo; però qualche difetto anch’egli avrà1. Ho servito anch’io, e so come la va. Per amore non si fa niente. Tutto si fa o per pelar il padrone, o per fidarlo.
Truffaldino. (dalla suddetta camera col garzone, portando fuori un baule) A pian; mettemolo qua. (lo posano in mezzo alla sala) Andemo a tor st’altro. Ma femo a pian, che el padron l’è in quell’altra stanza, che el dorme. (entra col garzone nella camera di Florindo)
Cameriere. Costui o è un grand’uomo di garbo, o è un gran furbo: servir due persone in questa maniera non ho più veduto. Davvero voglio stare un po’ attento; non vorrei che un giorno o l’altro, col pretesto di servir due padroni, tutti due li spogliasse.
Truffaldino. (dalla suddetta camera col garzone con l’altro baule) E questo mettemolo qua. (lo posano in poca distanza da quell’altro) Adesso, se volè andar, andè, che no me occorre altro. (al garzone)
Cameriere. Via, andate in cucina. (al garzone che se ne va) Avete bisogno di nulla? (a Truffaldino)
Truffaldino. Gnente affatto. I fatti mii li fazzo da per mi.
Cameriere. Oh va, che sei un omone; se la duri, ti stimo. (parte)
Truffaldino. Adesso farò le cosse pulito, con quiete, e senza che nissun me disturba. (tira fuori di tasca una chiave) Qual eia mo sta chiave? Qual averzela de sti do bauli? proverò. (apre un baule) L’ho indovinada subito. Son el primo omo del mondo. E st’altra averzirà quell’altro. (tira fuori di tasca l’altra chiave, e apre l’altro baule) Eccoli averti tutti do. Tiremo fora ogni cossa
- ↑ Paper, sempre: averà.