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IL SERVITORE DI DUE PADRONI | 595 |
Beatrice. Che Smeraldina? Tu sei stato, briccone. Una, e una due. Due lettere mi hai aperte in un giorno. Vieni qui.
Truffaldino. Per carità, signor. (accostandosi con paura)
Beatrice. Vien qui, dico.
Truffaldino. Per misericordia. (s’accosta tremando)
Beatrice. (Leva dal fianco di Truffaldino il bastone, e lo bastona ben bene, essendo voltata colla schiena alla locanda).
Florindo. (alla finestra della locanda) Come! Si bastona il mio servitore? (parte dalla finestra)
Truffaldino. No più, per carità.
Beatrice. Tieni, briccone. Imparerai aprir1 le lettere. (getta il bastone per terra e parte)
SCENA X.
Truffaldino, poi Florindo dalla locanda.
Truffaldino. (dopo partita Beatrice) Sangue de mi! Corpo de mi! Cussì se tratta coi omeni della me sorte? Bastonar un par mio? I servitori co no i serve, i se manda via, no i se bastona.
Florindo. Che cosa dici? (uscito dalla locanda non veduto da Truffaldino)
Truffaldino. (Oh!) (avvedendosi di Florindo) No se bastona i servitori dei altri in sta maniera. Quest l’è un affronto, che ha ricevudo el me patron. (verso la parte per dove è andata Beatrice)
Florindo. Sì, è un affronto che ricevo io. Chi è colui che ti ha bastonato?
Truffaldino. Mi no lo so, signor: nol conosso.
Florindo. Perchè ti ha battuto?
Truffaldino. Perchè... perchè gh’ho spudà su una scarpa.
Florindo. E ti lasci bastonare così? E non ti muovi, e non ti difendi nemmeno? Ed esponi il tuo padrone ad un affronto, ad un precipizio? Asino, poltronaccio che sei. (prende il bastone di
- ↑ Paper. Savioli ecc.: ad aprir.