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IL SERVITORE DI DUE PADRONI 587


Truffaldino. Oh bella! A chi le hoi da portar? Chi diavol de sti1 patroni le averà ordinade? Se ghel vago a domandar in cusina, no voria metterli in malizia; se falò e che no le porta a chi le ha ordenade, quell’altro le domanderà e se scoverzirà l’imbroio. Farò cussì... Eh gran mi! Farò cussì; le spartirò in do tondi, le porterò metà per un, e cussì chi le averà ordinade, le vederà. (prende un altro tondo di quelli che sono in sala e divide le polpette per metà) Quattro e quattro. Ma ghe n’è una de più. A chi ghe l’oia2) da dar? No voi che nissun se n’abbia per mal; me la magnerò mi. (mangia la polpetta) Adesso va ben. Portemo le polpette a questo. (mette in terra l’altro tondo e ne porta uno da Beatrice)

Cameriere. (con un bodin all’inglese) Truffaldino. (chiama)

Truffaldino. Son qua. (esce dalla camera di Beatrice)

Cameriere. Portate questo bodino...

Truffaldino. Aspettè che vegno. (prende l’altro tondino di polpette e lo porta a Florindo)

Cameriere. Sbagliate; le polpette vanno di là.

Truffaldino. Sior sì, lo so, le ho portade de là; e el me patron manda ste quattro a regalar a sto forestier. (entra)

Cameriere. Si conoscono dunque, sono amici. Potevano desinar insieme.

Truffaldino. (torna in camera di Florindo) E cussì, coss’elo sto negozio? (al cameriere)

Cameriere. Questo è un bodino all’inglese.

Truffaldino. A chi vaio?

Cameriere. Al vostro padrone. (parte)

Truffaldino. Che diavolo è sto bodin? L’odor l’è prezioso, el par polenta. Oh se el fuss polenta, la saria pur una bona cossa! Vôi sentir. (tira fuori di tasca una forchetta) No l’è polenta, ma el ghe someia. (mangia) L’è meio della polenta. (mangia)

Beatrice. Truffaldino. (dalla camera lo chiama)

Truffaldino. Vegno. (risponde colla bocca piena)

Florindo. Truffaldino. (lo chiama dalla sua camera)


  1. Paper., Sav. ecc.: de sti do.
  2. Savioli e Zatta: oio.