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584 | ATTO SECONDO |
Che belle conversazion, che s’ha fatto anca alla Zuecca! Siei benedetti. Sette o otto galantomeni, che no ghe xe i so compagni a sto mondo1. (I camerieri escono dalla stanza e tornano verso la cucina)
Beatrice. Avete dunque goduto molto con questi?
Pantalone. L’è che spero de goder ancora.
Truffaldino. (col piatto in mano della minestra o della zuppa) La resta servida in camera, che porto in tola. (a Beatrice)
Beatrice. Va innanzi tu; metti giù la zuppa.
Truffaldino. Eh, la resti servida2. (fa le cerimonie)
Pantalone. El xe curioso sto so servitor. Andemo. (entra in camera)
Beatrice. Io vorrei meno spirito e più attenzione. (a Truffaldino ed entra)
Truffaldino. Guardè che bei trattamenti! un piatto alla volta! I spende i so quattrini e no i gh’ha niente de bon gusto. Chi sa gnanca se sta minestra la sarà bona da niente; vôi sentir. (assaggia la minestra, prendendone con un cucchiaio che ha in tasca) Mi gh’ho sempre le mie arme in scarsella. Eh! no gh’è mal; la poderave esser pezo. (entra in camera)
SCENA XV.
Un Cameriere con un piatto3, poi Truffaldino, poi Florindo, poi Beatrice ed altri Camerieri.
Cameriere. Quanto sta costui a venir a prender le vivande?4
Truffaldino. (dalla camera) Son qua, camerada; cossa me deu?
Cameriere. Ecco il bollito. Vado5 a prender un altro piatto. (parte)
Truffaldino. Che el sia castrà, o che el sia vedèlo? El me par castrà. Sentimolo un pochetin. (ne assaggia un poco) No l’è nè castra, nè vedèlo: l’è pegora bella e bona. (s’incammina verso la camera di Beatrice)
Florindo. Dove si va? (l’incontra)