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548 ATTO PRIMO


So che a Venezia erasi egli addrizzato, ed io ho fatto la risoluzione di seguitarlo. Cogli abiti e colle lettere credenziali di mio fratello, eccomi qui arrivata colla speranza di ritrovarvi l’amante. Il signor Pantalone, in grazia di quelle lettere, e in grazia molto più della vostra asserzione, mi crede già Federigo. Faremo il saldo dei nostri conti, riscuoterò del denaro e potrò soccorrere anche Florindo, se ne avrà di bisogno. Guardate dove conduce amore! Secondatemi, caro Brighella, aiutatemi; sarete largamente ricompensato.

Brighella. Tutto va ben, ma no vorave esser causa mi che sior Pantalon, sotto bona fede, ghe pagasse el contante e che pò el restasse burlà.

Beatrice. Come burlato? Morto mio fratello, non sono io l’erede?

Brighella. L’è la verità. Ma perchè no scovrirse?

Beatrice. Se mi scopro, non faccio nulla. Pantalone principierà a volermi far da tutore; e tutti mi seccheranno, che non istà bene, che non conviene e che so io? Voglio la mia libertà. Durerà poco, ma pazienza. Frattanto qualche cosa sarà.

Brighella. Veramente, signora, l’è sempre stada un spiritin bizzarro. La lassa far a mi, la staga su la mia fede. La se lassa servir.

Beatrice. Andiamo alla vostra locanda.

Brighella. El so servitor dov’elo?

Beatrice. Ha detto che mi aspetterà sulla strada.

Brighella. Dove l’hala tolto quel martuffo? Nol sa gnanca parlar.

Beatrice. L’ho preso per viaggio. Pare sciocco qualche volta, ma non lo è; e circa la fedeltà non me ne posso dolere.

Brighella. Ah, la fedeltà l’è una bella cossa. Andemo, la resta servida; vardè amor cossa che el fa far.

Beatrice. Questo non è niente. Amor ne fa far di peggio. (parte)

Brighella. Eh, avemo principia ben. Andando in là, no se sa cossa possa succeder. (parte)