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niatori col render conto della mia condotta, chiamerò in testimonio gli amici miei, quelli che fuori della Patria mia conosciuto mi avranno, e Voi, rispettabile per la nascita, pel carattere, per la ingenuità conosciuta, Voi chiamerò per autenticare la mia onestà in quel triennio, che sotto gli occhi vostri costì ho vissuto.

L’allontanamento della mia Patria ha dato motivo di favoleggiare di me; non mi è lecito esporre al pubblico ciò che vi sovverrete avervi io confidato, per giustificare qual impegno d’onore abbiami allora costretto ad alterare l’economia della mia Famiglia, cambiare il sistema della mia Casa, e finalmente prendere il partito di cambiar Cielo, per migliorare fortuna. Non posso io gloriarmi di essere sì cautamente vissuto, che la vita mia elogi meritar possa; i miei difetti, le mie debolezze, le passioni mie mal corrette, sono da me medesimo rimproverate, e sentirei volentieri anche in oggi, che delle passate follie un Uomo saggio mi riprendesse; ma che perfida gente, d’enormi vizj ripiena; gente, di cui farebbe orrore il rammentarne i costumi; gente avvezza a vivere di menzogna, di maldicenza, d’inganno, intraprenda a parlar di me, e di screditarmi procuri, cosa dolorosissima mi riuscirebbe, se non mi confortasse la sicurezza, che svelando i nomi loro soltanto, caderebbono sopra di essi le ingiurie, e le maldicenze.

Deh, amorosissimo Signor mio, perdonatemi questo sfogo, che mal s’innesta, a dir vero, in una officiosa Epistola dedicatoria; ma poiché Voi mi amate, e avvezzo siete ad ascoltare le mie disavventure ed a compatirle, meco l’antica bontà usando, le nuove querele mie di buon animo compatirete. Nè pensaste giammai, che per avere di ciò ragionato più con Voi, che con altri, fossero gl’inimici, di cui mi lagno, in Toscana; no, certamente; non posso anzi bastantemente lodare e grazie rendere ai Toscani, per le infinite finezze, che costà in Pisa, in Firenze, e in Livorno a me largamente sono state con eccesso di benignità compartite. I miei persecutori sono… Ah, permettetemi, che io mel taccia, perchè arrossisco nel dirlo.

Felicissimi giorni ho io menati in Pisa! Vero è pur troppo, che il bene non si conosce, se non si perde. Deh se cotesto soggiorno amabile ho io incautamente perduto, smarrito almeno non