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Vetro, che cade e nel cader si spezza,
Fumo, ch’ogni aura alfin dissolve in nulla,
È il caduco tesor della bellezza.
(Tutti lodano)
Momolo. Anca mi vogio dir la mia alla veneziana: dirò un sonetto fatto qua all’improvviso.
SONETTO.
De maridarme m’è salta el caprizio;
Gh’ho diversi partii, ma vôi pensar.
Una vecchia faria da gomitar,
La zovene saria senza giudizio.
La bella piaserà a Sempronio e a Tizio,
Con una brutta no me vôi taccar;
Pretenderà una ricca comandar,
Me manda una pitocca in precipizio.
La nobile saria superba e altiera,
Asena l’ordinaria e l’ignorante,
E la donna sapiente una braghiera.
Donca, chi hoggio da tor tra quelle tante
Che proposte me vien? questa è la vera:
Voi mandarle in malora tutte quante.
(Tutti lodano)
Diana. Obbligata, signor Momolo. (piano a Momolo)
Momolo. El sonetto no parla nè de ela, nè de mi. (piano a Diana) Patta pagai. (da sè)
Dottore. Orsù, dirò anch’io sopra un vedovo, che loda il matrimonio, con un
SONETTO.
Che bel contento aver la sposa accanto,
E sentirsi chiamar papà dai figli:
Del matrimonio son molti i perigli.
Ma il piacer che si prova è ben più tanto.