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suo, un privilegio non solo per tutte quelle Città, ove vi sono torchi per istampare, ma della macchia ancora, ove si stampa ad onta de’ privilegi. Non è poca sorte per lui averne fatte quattro Edizioni in tre anni, ed io non gli ho recato ne ingiuria, nè danno alcuno, se facendo un’Edizione completa delle mie cinquanta Commedie, ho compreso fra queste anche le quattro a metà stampate, e le altre otto delle quali gli ho ceduta sol tanto la mia metà della prima Edizione per ducati dugento, non mai a titolo di vendita, non esistendo fra lui e me contratto di sorta alcuna, ma di semplice convenzione verbale della natura suddetta.

Quest’unica imputazione non ho potuto dissimulare, delle tante che i miei nemici vanno contro di me falsamente spargendo; siccome quella che nell’animo di chi è all’oscuro de’ fatti, e non ha cognizione di tai materie, potrebbe fare qualche impressione a carico della mia onestà, che si vorrebbe a forza d’imposture e di calunnie perseguitare.

Di un’altra cosa deggio avvertire il Leggitore. Nella Donna di Garbo, Scena VII dell’Atto terzo, i Personaggi ragunati in conversazione dicevano alcune poetiche composizioni, che giudico cattive assai, perchè fatte senza pensarvi sopra, e unicamente perchè si dicessero da’ Recitanti, e non perchè si stampassero. Queste non sono in verun conto necessarie all’intreccio della Commedia, e in luogo di adornarla, le recano del pregiudizio. Sono state stampate in Venezia contro mia voglia, ed ora credo sia cosa utile levarle affatto.