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496 ATTO TERZO


Lelio. Oh Cielo! suggeriscimi il modo di segnalarmi.

Rosaura. Ecco il modo facile e bello; sposatela.

Lelio. Sposarla?

Rosaura. Sì, qual ripugnanza trovate? Ella è nobile, ella è bella ed onesta.

Florindo. Ed io vi garantisco una dote di sei mila scudi: tanto appunto a lei assegnò in testamento l'avolo suo paterno.

Lelio. (Si migliora il negozio). (da sè)

Beatrice. Su via, signor Lelio, date saggio della vostra cavalleria; soccorrete questa povera dama.

Ottavio. Seimila scudi sono un bel denaro, si possono1 fare dei bei giuochi e delle belle vincite.

Dottore. Animo, signor Lelio, dica di sì: si faranno le nozze in casa mia, ed io avrò l’onore di provvedere tutto l’occorrente per gli sponsali, e per vestire la sposa.

Lelio. Mi obbligate con tante e sì gentili maniere, ch’io sarei della più rustica progenie recalcitrando. Venite al mio seno, fortunatissima dama. Voi sarete la mia felicissima sposa.

Isabella. Veramente felice e fortunata, per un sì degno ed amabile sposo.

Lelio. Porgetemi l’alabastrina destra.

Isabella. Eccola, e con essa il mio cuore.

Lelio. Siete mia, sono vostro. Amico, non perdo di vista le vostre grazie. Parleremo poi delli seimila scudi. Ed a voi, signor Dottore, per il resto mi raccomando.

Dottore. (Un orbo, che ha trovato2 un ferro da cavallo), (da sè)

Ottavio. Se vorrete impiegare li seimila scudi, io vi darò il modo. (a Lelio)

Lelio. Obbligatissimo, non giuoco al lotto.

Isabella. (Può essere che col tempo mi piaccia, per ora ho riparato al mio decoro). (da sè)

Rosaura. Signor Florindo, tempo è che mi confermiate la vostra fede.

Florindo. Eccomi pronto.

  1. Bettin.: si ponno.
  2. Bettin. e Paper.: ritrovato.