Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1907, I.djvu/528

472 ATTO SECONDO


Dottore. Via, di’ qualche cosa: rispondi, temi forse ch’ella ti confonda?

Florindo. Quella giovane, ammiro il vostro spirito, e confesso che mi avete sorpreso,

Rosaura. (Lo credo ancor io). (da sè) Mi dia licenza, ch’io le baci la mano. (a Florindo)

Florindo. (In qual laberinto mi trovo!) (da sè)

Dottore. Lasciala fare. Accetta pure quest’atto del suo rispetto. (a Florindo)

Florindo. (Convien dissimulare). (da sè) Prendete, (le dà la mano)

Rosaura. (T’ho pure arrivato, assassino). (piano a Florindo, e gli morde la mano)

Florindo. Ahi! (ritirando la mano)

Dottore. Che c’è? Che è stato?

Florindo. Con riverenza, un callo.

Dottore. Fatelo tagliare.

Isabella. Signor Dottore, come si chiama quella vostra serva? (piano al Dottore)

Dottore. Si chiama Rosaura.

Isabella. È di Pavia? (come sopra)

Dottore. Di Pavia.

Isabella. (È ella senz’altro; oh, povera me! temo che mi discuopra! Se mi conosce, sono perduta). (da sè)

Rosaura. (Se non m’inganno, mi pare di conoscere quel volto). (da sè) Signor padrone, e quell’altro signore chi è? (al Dottore)

Dottore. Un amico di mio figliuolo.

Rosaura. (Buono! sta a vedere che l’amico l’ha fatta bella!), (da sè) Signor Florindo, scusi la mia curiosità, è di Pavia quel signore?

Florindo. (Ora sì che l’imbroglio cresce). (da sè)1 Non è di Pavia, è Milanese.

Rosaura. Parmi però averlo veduto in Pavia varie volte.

Florindo. Può essere.

Rosaura. Era scolare?

  1. Bettin. aggiunge: «Isab. (Negagli la patria). (piano a Florindo) Flor. Non è di Pavia ecc.».