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468 | ATTO SECONDO |
Dottore. Stia pure quanto tu vuoi, mi maraviglio. Sai che ti amo, e che altro non desidero che vederti contento.
Florindo. Avanzatevi, signor Flaminio, mio padre desidera conoscervi e trattarvi; egli vi amerà quant’io v’amo, mentre sapete che Pater et Filius censentur una et eadem persona.
Isabella. (Ahimè! Tremo tutta! Temo d’essere scoperta), (da sè)
Dottore. Venga. Favorisca. (Egli è ben circonspetto). (da sè)
Isabella. Arrossisco presentandomi a voi in atto di dovervi dar incomodo: incolpate di ciò la bontà del signor Florindo. Egli faccia per me le mie scuse; io non posso che assicurarvi del mio rispetto, e d’una eterna memoria delle mie obbligazioni.
Dottore. Signore, io le risponderò senza complimenti. Ho piacere d’aver1 l’onore di conoscerla: ella si serva con libertà, come se fosse nella sua medesima casa.
Isabella. Son molto tenuto alle vostre grazie.
Diana. (Che bel giovinotto!) (da sè, osservando il creduto Flaminio)
Florindo. Che cos’è d’Ottavio mio fratello?
Dottore. Sarà incantato a studiar qualche cabala per il lotto.
Florindo. Cupio videre eum.
Dottore. Lo vedrai questa sera a cena. Senti, figlio mio, tutto il paese è prevenuto della tua venuta, e si parla di te in varie guise. I buoni amici dicono che sei virtuoso; i nemici dicono che non è vero. Domani2 immediatamente voglio che facciamo smentire i maligni. Coll’occasione che verran delle visite, intendo così all’improvviso che facciamo un’Accademietta, e che tu mostri il tuo spirito e la tua abilità: sei contento?
Florindo. Contentissimo. Io son paratus ad omnia.
Dottore. Ho da dirti una cosa che ti darà piacere. Abbiamo in casa una serva, che è un portento: è una donna veramente di garbo, pronta a tutto; ha le scienze alla mano, come un lettore d’Università; non si può far di più! M’impegno che quando la sentirai, ti farà maravigliare.
Florindo. Veramente sarà cosa da stupirsi, vedere una donna sì