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LA DONNA DI GARBO 461


Lelio. Ricusa forse la benignissima gentilezza vostra gli omaggi della mia servitù1?

Ottavio. La riverisco divotamente. Signora Beatrice, ascoltate.

Lelio. (O lo confonde la mia facondia, o è zotico come un tronco). (da sè)

Beatrice. Con sua licenza. (a Lelio) Che cosa comanda il mio adorabile signor consorte? (ironico)

Ottavio. (Eccola col fiele sulle labbra. Oh, se vinco, se vinco, la vogliam veder bella). (da sè) Prima di tutto vorrei dirvi che questo vostro giuoco ci farà andare in precipizio.

Beatrice. Sì, il vostro maledetto giuocare al lotto rovinerà voi, e rovinerà me.

Ottavio. Sentite, confesso che finora ho giuocato con isfortuna, ma ora, grazie al Cielo, sono arrivato al tempo di rifarmi.

Beatrice. Avete guadagnato?

Ottavio. No, ma son sicuro di guadagnare.

Beatrice. Solite vostre speranze. Signor Lelio, perdoni, sono da lei.

Lelio. Non vi prendete2 pena per me.

Ottavio. Questa volta, dico, son sicuro. Il punto sta, che non ho tutto il denaro, che ci vorrebbe per far il mio giuoco. Mi mancano tre zecchini e non so dove trovarli. Se voi gli avete, fatemi il favore d’imprestarmeli: sicura, che vi frutteranno assaissimo.

Beatrice. Dove volete ch’io trovi tre zecchini? Siete pazzo? Chi mi dà denaro? Come volete che io ne faccia? Non ho un paolo, se mi scorticate.

Ottavio. Ma non giuocate?

Beatrice. Giuoco sulla parola.

Ottavio. Vincete, o perdete?

Beatrice. Sinora io vinco.

Ottavio. E bene, vi pagherà.3

  1. Bettin. e Paper.: Ricusa forse la generosa benignissima non inselvaticabile gentilezza vostra gli omaggi della mia inlogorabile e inconsumabile servitù?
  2. Bettin.: prendiate.
  3. Bettin. e Paper.: E bene, fatevi pagare.