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460 | ATTO SECONDO |
Beatrice. Via, puntate.
Lelio. Due marche al sei.
Beatrice. Sei vince. (giocano)
Lelio. Paroli al due.
Beatrice. Due perde.
Lelio. Pazienza! Quattro marche all’asso.
Beatrice. Asso vince.
Lelio. Paroli all’otto.
Beatrice. Otto perde.
Lelio. (La cosa va molto male). (da sè)
SCENA IV.
Ottavio e detti.
Ottavio. (Ecco qui mia moglie al tavoliere. Ella vuol mandarmi in rovina). (da sè)
Lelio. Quattro marche al re.
Ottavio. Signora Beatrice, con buona grazia di quel signore, ascoltate una parola.
Lelio. Madama, chi è questo che sì francamente v’impone?
Beatrice. È mio marito.
Lelio. Vostro marito? Lasciate ch’io eserciti seco lui gli atti del mio ossequioso rispetto. (si leva)
Ottavio. (Che idea aperta ha quel signore; sarebbe mai intendente di cabala?) (da sè)
Lelio. Mio riverito, ed ossequiato padrone, permetta che, estraendo dal fondo del mio cuore il più sincero attestato di rispettosa ed impegnata amicizia, vaglia ad assicurarla ch’io sono quale ho l’onore di protestarmi1.
Ottavio. (Se avessi vinto al lotto, costui mi farebbe ridere). (da sè)
- ↑ Nelle edd. Bettin. e Paper.: «... il più caldo e il più sincero attestato di rispettosa, fedele, zelante ed impegnata amicizia; vaglia la rozza ed infeconda mia lingua ad assicurare la sua non inflessibile e non affascinabile credulità ch’io sia, o sia per essere, il minimo fra gl’inferiori, ma il fedelissimo fra’ suoi fedeli ossequiosissimi servi».