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LA DONNA DI GARBO 443


Rosaura. E la vostra saggezza vi dipinge per un Ulisse novello.

Lelio. Sarebbe eterogeneo fra di noi, ad esempio loro, il castissimo nodo?

Rosaura. Io ciò non giungo a decidere: ma so bene che, in quanto a me, non potrei promettervi un erudito Telemaco.

Lelio. Per che causa?

Rosaura. Perchè Minerva non si prenderebbe la cura di allevare il figlio d’una vil femminuccia.

Lelio. Signora, voi mi avete ferito.

Rosaura. Ma con quali armi?

Lelio. Con due potentissimi strali. Uno scoccato da’ vostri lumi, l’altro dalla facondia de’ labbri vostri.

Rosaura. La ferita non sarà penetrante a causa della debolezza delle armi.

Lelio. Ah, che sin dentro del cuore m’impressero la fatal piaga.

Rosaura. Signor cavaliere, quest’espressione ha del romanzesco.

Lelio. Pur troppo ella è una miserabile storia.

Rosaura. I comici se ne servirebbero per soggetto di una commedia.

Lelio. Ah, dite piuttosto d’una tragedia.

Rosaura. Sì, quand’io credessi alle vostre espressioni.

Lelio. Non ricuso versar il sangue per autentica d’una tal verità.

Rosaura. Serbate il sagrifizio per un idolo più meritevole. Signore, la mia padrona vi attende.

Lelio. Voi 1 siete la padrona di questo cuore.

Rosaura. Obbligatissima alle sue grazie. Vada pure a far le convenienze2.

Lelio. Convenienza3 trovo sol l’adorarvi...

Rosaura. O vada ella, o io vado4.

Lelio. Crudele!

Rosaura. Ma, vada.

Lelio. Spietata.

Rosaura. Ma, via.

Lelio. Vado sì; ma teco resta il mio cuore. (parte)

  1. Bettinelli: Eh, voi ecc.
  2. Bettin.: i suoi convenevoli.
  3. Bettin.: convenevole.
  4. Bettin.: O Lei vada, o che io vado.